ROMA, dicembre 2021. Un sonetto del Belli, con tutta probabilità scritto in risposta ad una poesia perduta di Trilussa, è stato ritrovato durante le festività natalizie in un quaderno appartenente alla famiglia del poeta. La scoperta ha messo in difficoltà i filologi, i quali, nel trascrivere la calligrafia spesso illegibile del poeta romanesco, hanno trovato riferimenti inequivocabili alla pandemia in corso, alle misure sanitarie, e alla controversia esplosa durante l’inverno sulla strategia vaccinale del governo, che evidentemente Belli considerava poco efficace.
Grazie alla grande capacità del Belli di interpretare ed esprimere i sentimenti del popolo romano, il poemetto senza dubbio fa riflettere. Tuttavia il poeta, morto nel 1863, difficilmente poteva conoscere le preoccupazioni sanitarie legate alla diffusione del Covid-19. La composizione potrebbe riferirsi quindi alle problematiche che le amministrazioni dell’epoca affrontavano nel tentativo di contenere il colera. Ma i riferimenti sono particolarmente chiari, rendendo il mistero ancora più affascinante. Riportiamo qui sotto l’intero sonetto:
E je rispose er Belli, co gran sentimento:
“Su ste cose, a Trilù, nun ce fa’ ggiuramento!
Nun semo nati ieri, so du’ anni che lo dimo,
Sta pandemia nun passa sortanto cor vaccino!
Si s’o fanno li vecchi, o chi s’a sente calla,
Nui semo più felici de ‘n pupo co’ ‘na palla.
Ma più v’a pijate co’ chi ns’o vòle fa
Più chiaro ce rimane: ce stanno a cojonà!
Qua stanno a córe tutti a fà la dose tre
Ma li contaggi sargono: ‘o vedi pure te!
E mentre perdi tempo a di’ “quello è un no vax”,
‘E leggi der governo le sta a fa’ Goldman Sachs!”